sabato 1 marzo 2014

Pecorini e tappi ultramaturi.

La peggior esperienza della mia vita con i tappi da sughero: tentare di stappare una bottiglia di Barolo di 13 anni e vedere il turacciolo sgretolarsi, strato dopo strato, cavatappata dovo cavatappata, senza nemmeno riuscire a sollevarlo di un millimetro dal collo...
In casi del genere, occorrerebbe non farsi prendere dal panico come il sottoscritto, che ha imbracciato uno ad uno tutti gli utensili da cucina a disposizione alla ricerca di leve, pinze e sgretolatori.. Meglio spingere subito il tappo giù nella bottiglia e poi filtrare il vino. Io ci sono arrivato dopo una buona mezz'ora.
Quattro passaggi di colino più tardi, il vino è stato peraltro egregiamente recuperato nei bicchieri.

Stiamo parlando del Barolo DOCG "Vigna La Rosa" 2000 di Fontanafredda (Serralunga d'Alba).
La vigna è nel Comune di Serralunga d'Alba, "sottozona" di Fontanafredda, ad un'altezza di 250-280 m s.l.m.; il terreno è costituito di marnee calcaree, argilla e sabbia quarzosa, esposto - credo - a sud-ovest; il vigneto è allevato a guyot, con una densità d'impianto di 4.600 piante/ha.
L'uva viene raccolta all'incirca a metà ottobre, diraspata e pigiata e posta sottoposta a macerare con frequenti rimontaggi; la fermentazione dura circa 20-30 giorni ed è immediatamente seguita dalla malolattica.
Il vino matura per i primi 12 mesi in barrique e per altri 12 mesi in botti da 2.000-3.000 litri; il successivo affinamento in bottiglia dura 18 mesi.
Nel bicchiere si presenta porpora-granato, cupo.
Per fortuna l'odore, intenso e ricco, non è affatto compromesso dal sughero: dominano la ciliegia sotto spirito e l'affumicatura (sembra quasi di sentirci della pancetta), ben intrecciate con note di prugna essiccata (forse addirittura uva passa), di fiori, di tabacco, sottobosco e spezie (non tanto vaniglia quanto chiodi di garofano) e sentori di cacao.
In bocca si avverte subito il corpo notevole, con un'acidità fresca e vivace subito accompagnata da un'abbondanza di tannino, netto ed astringente; grazie a queste sensazioni risultano ben equilibrate la morbidezza ed il calore alcolico (bruciante, perché ha il 14% ABV e lo fa sentire tutto).
E' un vino netto, potente e persistente, molto gustoso.


Si abbina abbastanza bene con il primo dei formaggi umbri che mi hanno regalato: un "pecorino stagionato in cenere" del Caseificio Facchini Walter.
L'azienda ha sede a Sigillo (PG), sull'Appennino umbro-marchigiano, all'interno dell'area protetta del "Parco del Monte Cucco".
Il pecorino stagiona per 4-5 mesi in apposite celle, a temperature di 10-15°C, e alla comparsa delle muffe la crosta viene trattata con olio di oliva aromatizzato alle erbe. Dopo questa fase, la crosta viene ricoperta con cenere di legna e così continua la sua maturazione.
Va premesso che il nostro pezzo - ricavato da una forma cilindrica - è stato conservato sottovuoto.
La sua crosta ha colore non uniforme, con uno strato più interno arancione, macchie marroni ed una patina esterna bianco-grigiastra; la struttura è ruvida, semidura e molto umida.
Nemmeno il colore della pasta è uniforme, perché il giallo paglierino carico di fondo ha ampie e diffuse chiazze biancastre. Al tatto è semidura, umida e deformabile.
Gli odori sono molto intensi e richiamano soprattutto il latte di pecora ed una serie di profumi "tostati" di noce, cuoio e legno; più lievi le note di latte cotto e di dado.
Gli aromi più o meno corrispondono, salvo aggiungersi sentori di ammoniaca e di stalla nella zona vicino alla crosta, e sentori di muffa (che ricordano il graukäse) nelle zone biancastre.
In bocca ha una media dolcezza, coperta però dall'elevata sapidità, dal bruciore e dalla piccantezza; in secondo piano si avverte anche una sensazione metallica. Queste "durezze" sono peraltro temperate dal una consistenza grassa ed untuosa, che svolge il suo compito equilibratore e poi scompare rapidamente grazie all'elevata solubilità del cacio. Masticando si avverte anche una certa grumosità e la presenza di piccole masse croccanti di muffa.
Il formaggio insomma è intenso ma non così aggressivo e non stanca affatto, anzi, stimola sempre un nuovo boccone; con il vino poi se la gioca bene, anche se forse si sommano troppo le sensazioni brucianti dell'uno e dell'altro.

Il secondo cacio è un "pecorino stagionato in fossa", ancora del Caseificio Facchini Walter. E' ottenuto in modo analogo al precedente solo che, dopo la prima stagionatura, anziché essere cosparso di cenere viene avvolto in sacchi di tela e riposto in fossa per qualche tempo.
La nostra porzione ha una crosta estremamente irregolare, umida e dura, di colore arancione cupo (sotto) e marrone scuro (sopra).
La pasta invece è maculata di zone ocra e zone beige.
Gli odori ovviamente sono molto intensi e rimandano vagamente al burro fuso, più nettamente all'ammoniaca, alla pelle di animale, alla stalla, alla muffa ed alla cantina.
Al palato gli aromi virano sul cuoio, l'animale, l'uva passa e di nuovo la muffa; la struttura è friabile, granulosa, umidissima e di medio-elevata solubilità.
Sono però le sensazioni tattili e saporifere a farla da padrone: inizialmente si lasciano avvertire una dolcezza media ed una leggera acidità, poi tutto quasi sparisce dietro all'intensa sapidità ed alle sensazioni metalliche e incredibilmente brucianti.
Queste sensazioni sono peraltro persistentissime e, oltre a saturare presto la bocca, coprono pure il Barolo...

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