domenica 11 marzo 2012

Langhe in pillole.

Avrei voluto dedicare un degno post a ciascuno dei ristoranti provati nelle Langhe, anche perché se lo sarebbero meritati. Invece, poco tempo e tanta pigrizia ridurranno tutto a qualche svogliato cenno.

Osteria La Salita (a Monforte d'Alba).
Ci scoliamo una minibozza di Barbera d'Alba DOC Ciabot Camerano (2010) dell'Az.Agricola Marcarini (La Morra - CN), vino rosso porpora, dall'odore fruttato, legnoso e vanigliato, il sapore leggermente acido e salato, comunque morbido.

Accanto, due ottime insalate, una di mela e valerianella piemontese, l'altra di tonno di coniglio ed agrumi. Poi, ravioli in crema di peperone e, sopra, una leggera bagna cauda.


Osteria del Borgo (a Carrù).
Rinomata per il bollito misto di Carrù che, in effetti, è tenerissimo, ma meno saporito di quel che mi aspettassi. Degni di nota sia il carrellone con i vari tagli di carne (testina, lingua, scaramella, muscolo, punta di petto, sottile e coda), tagliati al momento a scelta del cliente, sia i vivacissimi colori dei bicchieri delle salse (bagnetto verde, salsa di peperoni, mostarda alla senape, rafano, trito di sottaceti, mela cotogna e salsa di pomodori secchi).

In abbinamento, Barbera d'Alba DOC Superiore Papagena (2009) Fontanafredda, color rosso rubino-porpora carico, profumo di frutta matura e sotto spirito, legno e tostatura, sapore acido, molto sapido e amarognolo ma al contempo caldo e morbido.

Trattoria nelle Vigne (a Diano d'Alba).
Un sacco di tempo per scovarla, là imboscata per le stradine collinari, ma ne è valsa una tremenda abbuffata (per € 21 a testa di prezzo fisso!).
Ben cinque porzioni immense di antipasti, uno meglio dell'altro: acciughe in salsa di nocciole, pane fritto a pallette ricoperto con fette di lardo aromatizzato, galletto in pezzi immerso in salsa tartara, lingua in bagna brusca, sformato di porri e salsa di gorgonzola.

Già stragonfi, cediamo comunque al primo: tajarin con ragù di salsiccia per la Pettola (si tratta di pasta fresca all'uovo - parecchio uovo - a forma di tagliatella in miniatura, ma più dura), ravioli al plin conditi a burro e salvia per me (anche questa pasta all'uovo, ripena di arrosti di carne, verdure e spezie ma dal sapore delicato).

Riprendiamo il controllo sul pasto e, per evitare crolli, rinunciamo al secondo. Ma non la dolce: io mi godo il bunet (dolce al cucchiaio di amaretti, uova, cacao e rum) mentre la Sfondata si butta giù un intero "mattone", composto di strati di biscotti secchi alternati a crema di burro al caffè.

Ci beviamo su del Dolcetto di Diano d'Alba DOCG (2010) Bricco di Maiolica, giovane vino rosso rubino intenso, vivo e luminoso, odore poco intenso di frutti rossi maturi, sapido e tannico.

Come on Piozzo light my fire.

Per visitare le Langhe, non c'è peggior periodo di inizio anno, quando tutto dorme, i piccoli produttori non hanno imbottigliato, le Enoteche Regionali, il WiMu, Le Baladin sono ancora sbarrati. Nel 2012, i primi giorni di febbraio registrano pure gigantesche nevicate.
Insomma, ci sono tutti i presupposti perché i nostri eroici birrofili sferrino il loro attacco a sorpresa.
(Va detto che il paesaggio collinare, interamente coperto dal manto di neve fresca, è molto suggestivo. Però è anche piuttosto scomodo).

Il senso a questa visita nelle Langhe è dato da Piozzo, ed il senso a Piozzo è dato dalla birra Baladin. Basti ciò, per cominciare la nostra breve gastrocronaca dalla cena-degustazione di Casa Baladin.


Per inciso, questa cena, appositamente dedicata all'abbinamento tra cibo e birra Baladin, è una sorta di mito per noi novizi appassionati (come ogni cosa che graviti attorno a Teo Musso). Solo per questo accettiamo di buon grado i prezzi esorbitanti della Casa e dei suoi piccoli extra: bagno turco, visita a birrificio e cantine in compagnia del Boss e, appunto, cena-degustazione.


Va detto poi che il locale (un "ristorante con camere") è veramente stupendo nel suo personalissimo stile: originale, esotico, ricercato, sembra una piccola opera d'arte presa da una fiaba.
Il cuoco-gestore è Maurizio, simpatico e gentile (un po' egocentrico!) ex-chef di ristorante che, tra un racconto e l'altro, ci stenderà di portate.


Si comincia con l'aperitivo, un bicchiere di bière blanche Isaac, fresca e agrumata per compensare la struttura secca della gallina che viene servita in accompagnamento, a fette ricoperte di salsa tonnata e coriandolo (tanto per richiamare il profumo della birra).
Segue un'ottima insalatina di germogli (ravanello, rapa rossa, coriandolo), resa croccante dalle tante piccole aggiunte di speck abbrustolito, semi di girasole, noci e noccioline (più qualche fetta di pomodoro secco). In abbinamento la Wayan, stile saison, colore ambrato e luminoso, con poca schiuma, fresca, beverina, acidula ma equilibrata da una certa morbidezza, peccato per l'odore ferroso.
Con la tartara di vitello marinata al pompelmo proviamo, finalmente, la Open, colore giallo ambrato, odore di miele di arancia e, in bocca, aroma di caramello e agrumi, con un sapore molto equilibrato tra il dolce iniziale, l'acidità ed il persistente finale amaro, mai troppo intenso. Molto gradevole e ben accostata per via delle comuni note agrumate.
Molto bella e gustosa la torretta innalzata su una base di triglia arrosto impanata e ricoperta di nocciole, con uno strato intermedio di scaloppa di foie gras ed un culmine di carciofi. L'accompagnamento è Lune, particolarissima birra di orzo e farro invecchiata in botti precedentemente usate per la maturazione dei vini bianchi: ne risulta un prodotto di ben 11,5% Vol., di colore ambrato scuro e limpido, dall'odore "alcolico", fruttato e caramellato, mentre il sapore in bocca è dolce, morbido e caldo, con un predominante aroma caramellato.
Altra novità è la Zucca, birra stagionale aromatizzata con l'omonimo frutto, che si presenta con un intenso color ambrato-rossastro ed un odore di cannella e agrumi (passato il ferroso iniziale), mentre, in bocca, alla cannella si affianca l'aroma di zucca e la dolcezza iniziale viene poi superata da un'intensa amarezza.
Le fa compagnia un risotto al formaggio Testun stagionato nelle vinacce di Barolo, di Beppino Occelli (peepperepè).
Ecco poi una consueta Super, con una fetta di lardoso maiale arrosto coronata da un intrico di radicchio tardivo cotto.
Arranchiamo ormai verso la conclusione, dietro a una crème brulée alla nocciola (solo per l'Altra ché io ho un minimo di decenza) e a due barrette di cioccolato di Modica della Sabadì (Modica - RG): Donato, con scorze di limone interdonato, e Lo scuro, fondente puro al 70%.
Quest'azienda, alla tradizionale lavorazione modicana (a freddo senza separazione del burro di cacao, con pasta resa granulosa dallo zucchero aggiunto che non si è disciolto), aggiunge la selezione delle materie prime: cacao ecuadoregno Nacional, zucchero integrale di canna Mascobado e per il resto presidi Slow Food.
Assieme, un bicchiere di Xyauyù (2007), originalissima birra sottoposta ad ossidazione controllata (da riprovare con maggior controllo dei nostri sensi).