domenica 3 giugno 2012

Compiti a casa senza pietà.

Tre birre, tre formaggi ed una cavia: non potrei desiderare altro.

In primis, l'aperitivo, Liefmans Cuvée Brut della Brouwerij Liefmans (Oudenaarde, nelle Fiandre), birra alle ciliegie che - a differenza delle Kriek - vengono lasciate a macerare non in una lambic ma in una brown ale. Dopo di che, maturata per circa un anno, subisce aggiunte di birra stile Oud Bruin.
L'alcol raggiunge il 6% vol. Di colore tra caramello e rosso granato, presenta una schiuma con sfumature rossastre, fine e di scarsa consistenza.
L'odore è prevalentemente di ciliegie acerbe ma, sulla scena, si muovono note di botte, legno umido, cantina. Di corpo medio, è abbastanza equilibrata tra dolcezza ed acidità. Ci piace.


Si passa quindi a La Trappe Witte Trappist dell'Abbazia di Koningshoeven (nel Brabante Olandese), stile blanche con alc. 5,5% vol. E' color giallo paglierino torbido, con schiuma fine, aderente, poco persistente.
Al naso sentiamo l'erbaceo da luppolo, il lievito, gli agrumi e la vaniglia bourbon, mentre il sapore è lievemente dolce e quasi per nulla salato, più che altro acido ed amaro. Di corpo medio.


Tornando nelle Fiandre, ecco la Grottenbier St. Bernardus (nel villaggio di Watou), stile Dark Ale belga con 6,5% alc. vol., maturata e rifermentata in grotte di marna alla temperatura di 11°C (fico!... ma servirà a qualcosa?).
Di colore caramello scuro, è accompagnata da schiuma fine, abbondante ma di breve durata. Emana odori di banana, malto caramellato, vegetale da luppolo ed un non so che di cantinesco. Il sapore è abbastanza dolce, di media acidità e, nel finale, intensamente (e persistentemente) amaro. Densa ma astringente.

 

Fase 2.
Il primo formaggio è il Vezzena di Malga Postesina (Levico Terme), prodotto nel luglio 2011. Ha una crosta marrone ricoperta da un sottile ed uniforma strato di muffa bianca; la pasta è giallo-paglierino, dura, liscia, rigida e compatta, quasi del tutto priva di occhiature.

Il sapore è poco dolce, poco acido e mediamente salato; al palato la pasta è dura, secca ed un po' adesiva.
E' nei profumi, però, che questo cacio si distingue da qualunque altro mangiato prima. Annusando la parte centrale della forma, l'unico odore percepibile è, infatti, quello di funghi, muschio umido, sottobosco; solo allontanandosi dal cuore del formaggio subentra un lieve odore di latte cotto, a bilanciare, finalmente, l'intensa nota vegetale; da ultimo, arriva anche il glutammato, man mano che la snasata prosegue verso la crosta.

Davvero gustoso, poi, il formaggio stagionato a latte caprino (e un po' vaccino) proveniente dalla Malga Stableti (Val di Rabbi), prodotto dal Caseificio turnario di Pejo. Probabilmente maturato 9-10 mesi, dalla scorsa estate. Crosta ruvida, dura, di colore giallo paglierino con chiazze marroni e muffe bianche e verdi; anche la pasta è giallo paglierina di media intensità, con unghia di almeno 2 cm, di struttura dura, liscia, compatta ma un po' friabile; l'occhiatura è medio-piccola ed irregolare.
Sprigiona odori leggermente lattici e, più che altro, animali (sudore, pelle), con note agrumate (di pompelmo e mandarino) che, in realtà, sente solo la Cabrala; all'aroma, sembra di sentire anche glutammato. In bocca è secco, adesivo, granuloso, di leggera dolcezza, mediamente acido e sapido ed appena amaro.
Tra i caprini locali, insomma, è alquanto anomalo e, devo dire, il mio preferito.

Ed ecco, infine, Cabrales DOP il terribile, formaggio (queso) spagnolo erborinato, originario del comune di Cabrales, nel Principato delle Asturie.
Interessante è già il processo produttivo, che si articola in due fasi: nella prima, si parte da latte crudo vaccino, ovino e caprino e, aggiungendo il caglio, si ottiene un formaggio grasso a pasta cruda; nella seconda, il cacio viene lasciato a maturare, per due-quattro mesi, nelle grotte naturali della catena dei Picos de Europa. Qui, con umidità relativa pari al 90% e ad una temperatura di 8-12 °C, l'interno del formaggio viene letteralmente invaso da muffe del tipo penicillium, di colore verde e blu.
La nostra fetta mostra uno scalzo di 7-8 cm e facce di 9-10 cm circa; la superficie ha un aspetto alieno: marrone, foracchiata, untuosa e violentemente irregolare, ricoperta da muffe bianche, verdi e marroni. La pasta è gialla (paglierino), semi-dura e deformabile, con una certa tendenza alla friabilità; ha occhiatura piccola e media; è un sacco erborinata, di verde-blu e di ocra (...speriamo bene).
Quanto all'odore, è intenso ed aggressivo, al naso dominato da muffa, ammoniaca e cartone bagnato mentre, in bocca, comprende anche aromi di pelle, cuoio, sangue-metallo, glutammato ed erba; quasi impercettibili, invece, le sensazioni lattiche.
L'esperienza incredibile è però al palato, dove la lingua rimane - letteralmente - anestetizzata dal formaggio, forse per via della colossale astringenza, dando la suggestione di essere stata avvolta da un pezzo di stoffa; solo dopo qualche decina di secondi, gradatamente, la lingua si libera e la salivazione ritorna, anche abbastanza evidente, lasciando campo libero all'intensa piccantezza finale. Il sapore è abbastanza dolce, acido e salato ma, soprattutto, amaro.
Unico dubbio: la friabilità, l'odore ammoniacale e l'intensa amarezza sono indicati, sul sito ufficiale della DOP, come difetti. Boh.
Ci vorrebbe, secondo me, una birra dolce ed acida, come la kriek. Che però è finita. Avrò ragione io o la Cabrala?