lunedì 10 marzo 2014

Malgare (anzi, casare) DOP.

A Palazzo Roccabruna si sono tenuti due interessanti laboratori di degustazione sui prodotti di malga trentini. Fin qui niente di strano, per chi conosce la fervida attività promozionale dell'Enoteca Provinciale del Trentino (e di Accademia d'Impresa). 
Stavolta, però, è stata fatta una scelta di campo particolare, invitando dei produttori "atipici" rispetto all'immaginario del malgaro uomo-schivo-selvatico: sono infatti intervenute tre donne giovani, appassionate per la vita in malga e pure molto affabili, tutte peraltro molto brave nel descrivere in modo vivo ed efficace il loro lavoro in malga ed i loro prodotti.

Qui un brevissimo (?) resoconto.
Si comincia con Luisa Stroppa, che gestisce la Malga Valfontane nel Comune di Castello Tesino, lungo la strada diretta al Passo Brocon.
Lì pascola circa 50 vacche di razza bruna, frisona e pezzata rossa, condotte in alpeggio da metà giugno a metà settembre. La sua famiglia, per la cronaca, conduce anche la Malga Cagnon di Sotto in Val Calamento (che avevamo incrociato proprio l'estate scorsa, in direzione Cagnon di Sopra, senza però riuscire a recuperarne il formaggio... anzi, da quella gita eravamo tornati con le sacche completamente vuote...).
Compie due mungiture al giorno (la mattina presto ed il primo pomeriggio) e - per ottenere il suo Nostrano di malga - lavora latte per metà intero (quello della mattina) e per metà scremato per affioramento (quello del pomeriggio).
Il latte - addizionato con fermenti - viene posto in caldaie di rame e riscaldato a fuoco vivo (fuoco posto però sotto il pavimento, per impedire al fumo di invadere i locali).
Raggiunta la temperatura di 30-32°C circa, la coagulazione è ottenuta con l'aggiunta di caglio di vitello. Poi la cagliata è rotta gradatamente, prima in modo grossolano e poi più fine, fino a che i granuli raggiungano la dimensione di chicchi di mais.
Viene effettuata una semi-cottuta, dopo di che si lascia che la cagliata si depositi sul fondo della caldaia.
Successivamente la si ammassa con le mani e la si estrae intera, senza previa rottura, avvalendosi di un telo di lino.

Il pezzo di cacio che assaggiamo (prodotto nell'estate 2013) ha una pasta paglierina di media intensità, leggermente unta, semidura ed un po' elastica. Sono presenti peraltro alcune occhiature grandi, lucide e regolari dovute - forse - a fermentazioni propioniche indesiderate.
Gli odori rimandano al fieno, all'animale ed al burro cotto con aromi.
In bocca è equilibrato, con una media dolcezza, poi una leggerissima acidità ed una sapidità media, con un lieve amaro finale ed un accenno di piccantezza. E' leggermente elastico e discretamente solubile.
Gli aromi inoltre si arricchiscono di frutta secca e - rieccoci - di note propioniche.


La seconda protagonista è Petra Reuter, di origini tedesche, già malgara nella valle dell'Engadina (nella Svizzera del canton Grigioni) e successivamente trasferitasi in Trentino. Qui ha costituito l'azienda agricola "Al Castello di Covi" e, da molti anni, conduce la Malga di Fondo in Val di Non.
Non possiede animali propri ma, durante l'estate, fa monticare una ventina di vacche da latte altrui.
Il latte destinato al Nostrano di malga viene munto con un impianto fisso "a secchio". Come al solito, è usato per metà latte intero e per metà scremato (per affioramento della crema in una vasca d'acciaio). Viene filtrato e riposto in una caldaia di rame (con mescolatore automatico).
Dopo la caseificazione - con caglio e, immaginiamo, a pasta semicotta - le forme di 5-7 kg vengono messe in salamoia per circa 24 ore.
Infine, per ovviare alle "imperfezioni" dei locali di stagionatura (che hanno un'umidità un po' troppo bassa e temperatura un po' troppo alta... d'altronde siamo in malga, che volete...), le forme vengono lavate con acqua salata per evitare che si secchino eccessivamente.

Abbiamo a che fare con un pezzo prodotto il 14 agosto 2013.
La pasta ha colore paglierino abbastanza carico, con un'occhiatura piccola e media, irregolare e diffusa in modo non uniforme. La consistenza è dura ed un po' elastica.
Ha odori abbastanza intensi di burro cotto e di erbe aromatiche secche, più qualche sentore di pelle. Gli aromi evidenziano invece note erbacee più fresche. In bocca ha buona dolcezza, sapidità medio-leggera ed un amaro finale medio, forse un po' eccessivo.


L'ultimo Nostrano di malga è quello prodotto da Mandra Schennach a Malga Stabolone e Rolla, in Val di Daone.
Si tratta dell'alpeggio più esteso, con ben 200 mucche al pascolo ed una produzione annua di circa 600 forme.
Anche qui si utilizza il gruppo di mungitura con secchio incorporato e, per la scrematura, le vasche di affioramento. Come nel resto delle Valli Giudicarie, però, il formaggio che si produce è più magro del "normale", con 2/3 di latte scremato e solo 1/3 intero (anziché metà e metà).
A seguito dell'aggiunta di latte-innesto, si svolge la coagulazione con caglio vaccino, poi la semicottura ed il riposo della cagliata, infine l'estrazione dalla caldaia di rame con un telo.
La salatura è a secco, ripetuta ogni 12 ore dopo il rivoltamento delle forme.

A disposizione abbiamo due caci di annte diverse.
Quello dell'estate 2013 è di colore paglierino di medio-elevata intensità, con pasta elastica e semidura, priva di occhiatura. Ha odori mediamente intensi, nitidi di burro cotto e salvia, con note di fieno e di leggera tostatura. Di media dolcezza e sapidità all'incirca equivalente, ha una lievissima piccantezza e presenta una struttura secca ed un po' grumosa.

Una spanna sopra gli altri è però il cacio prodotto nel settembre del 2012.
Ha un colore paglierino meno intenso rispetto agli altri. La struttura è dura e l'elasticità è presente ma poco pronunciata.
Gli odori richiamano il burro cotto ma, ancor di più, la tostatura, il glutammato e le erbe. I sapori sono mediamente più marcati, con dolcezza e sapidità di intensità medio-elevata ed un leggero amaro finale accompagnato da aromi di mandorle e frutta secca. Alla masticazione mostra una discreta e piacevole solubilità e molti granuli di tirosina.

Tra i vari vini sbevazzati con la scusa dell'abbinamento, vale la pena citare l'originalissimo Metodo Classico da uve di sola varietà pinot bianco: il Dosaggio Zero "Maso Nero" 2007 dell'azienda agricola Zeni di San Michele all'Adige.
Il nome "Maso Nero" è quello di una residenza agricola sulla collina di Sorni, circondata da un vigneto a 450 metri s.l.m., allevato a spalliera su un terreno calcareo.
L'uva è vendemmiata ad inizio settembre e viene fatta fermentare in legno a 18-20°C; sempre in legno (barrique) prosegue la maturazione e la malolattica. Rimane in bottiglia sui lieviti per 24 mesi., senza alcuno zuccheraggio finale.
Nel bicchiere si presenta paglierino luimonso, con riflessi verdolini. Profuma di limone, di lievito, di tostatura e frutta secca, con note di vaniglia e miele. In bocca è fresco ma parecchio morbido, con finale amarognolo. Molto interessante, bisogna dirlo, ma a nostro (misero) parere manca un po' di nerbo.

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