lunedì 17 giugno 2013

Spressa vs. Rendena.

Stasera, confronto clandestino tra due pesi-medi trentini semigrassi, a coagulazione presamica ed a pasta semicotta e dura: ad un angolo, la Spressa delle Giudicarie DOP e, all'altro angolo, la Razza Rendena.
Si tratta - come spiega il buon Alvaro - di formaggi ottenuti grossomodo con lo stesso processo produttivo, fatte salve due differenze: per la Spressa è ammesso l'uso di latte delle razze Rendena, Bruna, Grigio-alpina, Frisona e Pezzata rossa, proveniente necessariamente da caseificio o, comunque, dal periodo precedente o successivo all'alpeggio; il Razza Rendena, invece, si ricava da solo latte bovino dell'omonima razza, ed è prevista sia la versione di caseificio (quella che assaggiamo stasera), sia la versione di malga.


Per il resto, entrambi i caci sono ottenuti da latte crudo, unendo la munta della sera scremata per affioramento con la munta del mattino, con l'aggiunta di latte-innesto e, poi, di caglio bovino; tutti e due, inoltre, sono sottoposti a semi-cottura attorno ai 42°C e dopo la caseificazione, vengono fatti stagionare per periodi medio-lunghi in locali con umidità variabile tra l'80 ed il 90% e temperature tra i 10°C ed i 20°C.

Le nostre due porzioni hanno una stagionatura simile, attorno ai 6-10 mesi, e sono state entrambe prodotte in qualche stabilimento della s.c.a. Latte Trento (che dal 2011 ha assorbito il precedente produttore, Caseificio di Pinzolo-Fiavé). Mentre però il Rendena è stato acquistato dall'Alvaro, la Spressa proviene dal bancone di un supermercato.

Le analogie tra i due formaggi, lungi dal fermarsi alle note di presentazione, proseguono anche nel corso dell'assaggio.
Nell'aspetto esterno, innanzitutto, i due pezzi sono quasi indistinguibili: lo scalzo è diritto; le facce convesse; la crosta è rugosa, dura, secca, elastica e dal colore irregolare (cioè, paglierino di media intensità con piccole macchie di muffa ocra, bianche e grigie).
Qualche divergenza si presenta nell'aspetto della pasta, il cui colore paglierino è, nella Spressa, un po' più tenue rispetto all'intensità (media) che raggiunge nel Razza Rendena.
L'occhiatura, inoltre, in tutti e due i pezzi è distribuita in modo uniforme e diffuso, e mostra una forma irregolare di piccole e medie dimensioni; nella Spressa, però, prevalgono gli occhi di dimensioni medie, mentre nel Razza Rendena gli occhi piccoli sono largamente preponderanti.
Il sottoscrosta è, invece, evidente e spesso in entrambi i pezzi.
In ambedue, poi, la pasta è semidura, compatta, secca ed elastica, ma nel Razza Rendena l'elasticità è molto molto più spinta.

La maggiore diversità emerge dopo, negli odori e negli aromi. La Spressa delle Giudicarie è difatti molto più semplice, con profumi di burro cotto e vegetali (freschi e grassi), che si ritrovano anche in bocca.
Il Razza Rendena è di maggior personalità e, a fianco del burro cotto e del vegetale grasso, mostra anche profumi di fieno, di sottobosco e di glutammato, con leggeri sentori di cuoio.
Nei sapori, i due pezzi ritornano a somigliarsi, tra dolcezza media, acidità bassa, sapidità medio-bassa ed amarezza bassa.
La struttura, infine, è elastica, di scarsa solubilità, semidura, grumosa e con pochissima tirosina nella Spressa.
Il Rendena si conferma invece nettamente più elastico e con tirosina in primo piano.
In definitiva, il Rendena (o Alvaro?) vince sulla Spressa, perché, pur senza uscire dai binari del disciplinare DOP (che pure non lo riguarderebbe), si rivela più tipico, ricco ed interessante.

Il nostro confronto è però solo un'amichevole di nessun rilievo e si conclude, pertanto, in una bella bevuta tra vinti e vincitori. Tiriamo fuori due birrette belghe d'abbazia dalla cantina (essendoci da poco accorti, con terrore, di averne una mastodontica scorta da oltre un anno, dimenticata a maturare ma ormai a rischio di rovina).
La prima è una Witkap-Pater Triple della Brouwerij Slaghmuylder (Ninove, nelle Fiandre Orientali), con 7,5% ABV, ottenuta da orzo maltato e mais, fatta fermentare a 25°C, poi maturata e, infine, messa a rifermentare in bottiglia.
Ha colore ambrato torbido, schiuma bianca ed abbondante ma di grana media e scarsa persistenza (il che potrebbe anche dipendere dalla vera e propria esplosione di schiuma, avvenuta al momento dell'apertura). Gli odori vanno dal malto caramellato alla frutta, soprattutto agrumi (ancora più netti in bocca) ed un connubio di uva e pere, poi lievito, sentori speziati e lievi note erbacee ed ossidate.
Al palato è morbida e di buon corpo (il mais, però, la rende meno piena delle altre Triple), è calda, di dolcezza medio-elevata, leggermente acida e di media amarezza, nel complesso ben equilibrata.
Si trova peraltro bene con il formaggio Razza Rendena, aiutando ad asciugare la saliva provocata dalla sua masticazione e dando buona continuità ai suoi profumi.

Viene poi il turno della St-Feuillien Triple della Brasserie St. Feuillien (Le Roeulx, nella provincia dell'Hainaut), con 8,5% ABV. Il colore è dorato-ambrato luminoso, leggermente velato, con schiuma bianca abbondante a grana fine. Profuma di malto, sia essiccato che caramellato, frutta secca (albicocca ed uvetta), con note di lievito e di banana; il luppolo non è pervenuto, probabilmente a causa del lungo riposo in cantina. Molto dolce, leggermente acida e con un amaro ancora discretamente intenso e persistente è, inoltre, bruciante, morbida e di corpo pieno.
Di formaggio, però, non riusciamo più a mangiarne: urge perfezionare la nostra tecnica di abbinamento.

domenica 9 giugno 2013

Malghe alvari ed orsi.

Una delle poche certezze, qui a Trento, in punto di formaggi - probabilmente l'avremo già detto - è la Bottega Trentina di Mr. Alvaro. Per lo meno, quando - come oggi - vogliamo assaggiare qualche cacio tipico trentino in ottima forma (e magari avere anche qualche informazione sulla sua provenienza e produzione, che raramente gli altri rivenditori sono in grado di fornirci).
Basta poi qualche manciata di agretti (e un'anima buona dientro ai fornelli) e la cena è fatta.


Il primo approccio è con il Nostrano di Piné di malga, prodotto dall'impresa agricola Maso Prener di Andrea Giovannini (Baselga di Piné).
E' un formaggio grasso, a coagulazione presamica, semi-duro (ad occhio) ed a pasta semi-cotta. Il latte è crudo ed intero e proviene dalle mucche Grigio alpine (presidio Slow Food) durante l'alpeggio a Bedollo, presso Malga Stramaiolo (che è gestita dalla stessa famiglia Giovannini).
Per ottenerlo, il latte viene riscaldato sino a 33°C, addizionato con il latte-innesto prodotto in loco e, poi, dopo circa 20 minuti, con del caglio vaccino, che nel giro di una mezz'oretta consente la coagulazione. Dopo la rottura in granuli delle dimensioni di un chicco di mais, la cagliata è semi-cotta a circa 42°C e, quindi, travasata sul tavolo spersorio; da qui, viene raccolta con teli di lino, inserita nelle fascere e pressata sotto pesi di 15 kg. Trascorse 24 ore, le forme sono poste in salamoia per circa 3 giorni e, infine, messe a maturare a 12°C di temperatura con un'umidità dell'85%, per alcuni mesi (la nostra, prodotta nel settembre 2012, ha 8-9 mesi).
Il nostro pezzo proviene da una forma cilindrica, regolare, con scalzo diritto e facce abbastanza convesse.
La crosta è liscia, dura, leggermente untuosa ed un po' ammuffita; il colore non è uniforme, paglierino intenso in alcune zone ed ocra in altre, con piccole macchie bianche.
La pasta, invece, è uniforme nel suo giallo paglierino intenso, con un sottocrosta presente e spesso (anche se non molto carico). Ha una struttura semi-dura, deformabile, piuttosto compatta e con una accenno di untuosità. L'occhiatura è piccola e media, di forma irregolare, diffusa ed uniformemente distribuita su tutta la superficie.
Unico elemento di discontinuità è rappresentato da alcune sfoglie concentrate nella fascia centrale.
Al naso è di media intensità, con profumi lattici (soprattutto di burro e panna un po' cotti) ma, soprattutto, vegetali, di erba fresca e fermentata e di sottobosco. Più o meno gli stessi profumi li ritroviamo in bocca, con aromi burrosi iniziali più accentuati e, nel finale, note di frutta secca.
Ha una dolcezza medio-elevata, una sapidità media ed una leggera acidità; forse è un po' eccessivo l'amaro, di intensità media e persistente.
La struttura al palato è nettamente "pastosa", discretamente adesiva, deformabile, di media solubilità ed con una leggera umidità; netta, poi, la presenza di cristalli di tirosina.

Si passa poi ad un Vezzena di malga - Presidio Slow Food - della s.c.a. Caseificio degli Altipiani e del Vezzena (Lavarone) risalente, addirittura, al luglio 2011 (22 mesi di stagionatura - yep!).
Si tratta di un formaggio semi-grasso, a coagulazione presamica, (ad occhio) duro ed a pasta semicotta.
Il latte è crudo e parzialmente scremato (mungitura della sera e del mattino), addizionato con latte-innesto a circa 33°C per una ventina di minuti; la coagulazione è procurata dal caglio bovino e dura 20-25 minuti, seguita dalla rottura fino alle dimensioni di un chicco di mais e, successivamente, da una lenta semi-cottura a 48°C per circa 20 minuti. Dopo una sosta nel siero di 30-40 minuti la cagliata è estratta, messa in fascera e, lì, pressata. Trascorsi circa quattro giorni, le forme vengono salate per 10 giorni e, infine, poste a stagionare a 13-17°C con umidità all'80-85%.
Stando al nostro pezzo, lo scalzo e le facce della forma appaiono perfettamente diritti. La crosta è a zone ruvida e, in altre zone, liscia; è inoltre dura e secca e - dall'odore di olio - sembrerebbe trattata. Di colore non uniforme, ocra con chiazze marroni e bianche.
La sua pasta ha un colore paglierino di media intensità, ben uniforme, con un sottocrosta presente, carico e spesso. La struttura, poi, è dura, friabile e compatta, priva di occhiature ma con qualche (rada) sfoglia.
Gli odori sono un vero calderone, da cui peschiamo latte cotto, frutta secca, glutammato, accenni di erba, note terrose e note speziate (potrebbe essere noce moscata), sentori di cuoio e di affumicato e - io però non lo avverto - odore di "olio di pesce". In bocca, inoltre, si distinguono anche aromi di pesce secco, di noce e, presso la crosta, di sottobosco.
Al palato si dimostra molto equilibrato, con dolcezza media, sapidità medio-elevata e leggera acidità, oltre ad un tenue finale amaro. Anche la sua media piccantezza e la leggera astringenza ci pare che ci stiano bene.
La sua struttura, infine, è dura, secca, rigida e granulosa.
Un cacio davvero ricco e buonissimo.

Ci beviamo sopra una Bira da l'Ors della s.r.l. Birrificio Val Rendena (Pinzolo-Giustino); l'impresa, avviata nel 2012, si dedica quasi esclusivamente alla bassa fermentazione di stile tedesco e, stando al suo sito Internet, utilizza acqua di Vadajone, luppoli Hallertau e malti anch'essi bavaresi.
L'unica Ale della loro linea è, per l'appunto, la Bira da l'Ors, che si distingue dalle altre anche sotto il profilo estetico (ben più elegante) e di prezzo (ben più consistente); degli ingredienti non sappiamo nulla ma - sembra di capire - il mastro birraio si è ispirato ad alcune "ricette locali".
Si presenta di un intenso color ambrato-arancione, con una schiuma bianca-paglierina, abbastanza fine, persistente ma non abbondante.
L'odore, di media intensità, è maltato con accenni caramellati, note erbacee di luppolo e sentori fruttati.
Di gusto è dolce (medio), acido (leggero) e con leggero finale amaro; al palato, però, ci sembra che sfugga un po' via, complici un po' la tenuità e scarsa persistenza dei sapori, un po' la scarsa effervescenza, un po' il corpo che è molto più leggero delle aspettative.
Per quanto riguarda l'abbinamento, poteva andarci meglio: la birra risulta infatti non abbastanza acida per fronteggiare la pastosità del primo formaggio e neppure abbastanza intensa per bilanciare il vecchio Vezzena. E vabbè...

domenica 2 giugno 2013

Mostra dei Vini di Bolzano, ovvero: com'è possibile che noi trentini non prendiamo mai esempio.

E' nel lussureggiante giardino del Parkhotel Laurin, con un sottofondo di vivaci note jazzeggianti di impronta sudamericana ("tipo-bossanova", commenta l'Altra), che comincia, con un brunch, il nostro Festival del Gusto.
Siamo a "Swinging Bubbles", delizioso aperitivo (nonostante il terribile nome) all'insegna del Metodo Classico altoatesino.


L'ambiente è distinto, di classe, ma anche rilassato e disteso, senza pesantezze o rigidità. E, in un certo senso, lo stesso vale per il buffet, dove si trovano, oltre alle immancabili sfoglie salate, anche formaggi pusteresi semi-stagionati (semplici e lattici, ma piacevoli), filetti di salmone (che un'attempata signora, per comodità, si porta via con l'intero vassoio), spiedini di frutta e speck; ad un certo punto, sfornano pure risottini al formaggio ed un tenerissimo roast-beef con patate.

Quanto allo spumante, sono presenti, credo, tutti i produttori dell'Alto Adige, e tutti - dannazione - gelano i loro vini nel ghiaccio.
Fra i (numerosi) bicchieri bevuti, ci impressiona soprattutto l'A.A. DOC Brut Ris. "Comitissa" Lorenz Martini (Appiano), da uve Pinot nero, Chardonnay e Pinot bianco provenienti dell'Oltradige (Cornaiano, Appiano Monte e San Genesio). Il vino, rimasto 36 mesi sui lieviti, mostra un colore dorato molto luminoso ed un perlage finissimo e persistente; sentiamo odori di mele mature, di frutta secca (mandorle) e miele, con note minerali e vagamente speziate; al palato è morbido e vellutato ma, al contempo, vivo e ben sapido.


Da menzionare anche l'A.A. DOC Brut Rosé "Excellor" Arunda (Meltina), Pinot nero al 100%, rimasto sui lieviti per 24 mesi: di colore rosa cipolla, ha profumi di frutti di bosco, di erbe aromatiche e di terra; in bocca è molto equilibrato, con corpo pieno e morbido, media acidità e leggero finale amaro.
Qualche altro vino, invece, non riusciamo proprio a capirlo, nonostante fonti autorevoli ed affidabili ne dicano molto bene: quindi, essendo senz'altro colpa dei nostri limiti, ci ripromettiamo di riassaggiarlo quanto prima.

Bevi questo e bevi quello, il giardino dell'Hotel Laurin ci fa quasi dimenticare della Mostra dei vini vera e propria, cioè della "degustazione varietale"; alla quale - complice anche un intermezzo per i banchetti del Festival del Gusto - riusciamo a dedicare ben poco tempo.
Ed è un vero peccato, perché mai abbiamo partecipato ad un'esposizione così ben organizzata: le bottiglie, ciascuna accompagnata da una breve descrizione tecnica, sono disposte in fila, in due grandi saloni silenziosi e tranquilli; inoltre - scelta secondo me felicissima - sono ordinate non per produttore ma per varietà di vite, rendendo così molto più agevole farsi un'idea dello stato dell'arte. (E forse quaggiù in trentonia farebbero bene a prendere ispirazione da questa formula, abbandonando, quanto prima possibile, lo schema "da aperitivo" della mostra 2013).


Pur con un po' troppa fretta, noi gironzoliamo e ci serviamo in libertà, appuntando alcune etichette:
A.A. DOC Pinot bianco 2012 Alois Lageder (Magrè), dal colore giallo paglierino scarico ma luminoso, ha odori di mela matura, di fiori, accompagnati da note vagamente sulfuree, minerali ed argillose; è caldo e molto morbido, notevolmente sapido e di discreta acidità.
A.A. DOC Pinot bianco "Plattenriegl" 2012 Girlan (Cornaiano/Girlan) prende il nome da un vigneto posto sopra la frazione di San Michele, a 550 m. Il colore è paglierino scarico, luminoso; profuma di mela e frutta esotica, con sentori floreali; al palato è parecchio caldo, morbido, molto sapido e di media acidità.


A.A. DOC Pinot Bianco "Sirmian" 2012 Nals Margreid (Nalles) proviene da vigneti nell'omonima frazione; i suoi profumi rimandano alla mela, agli agrumi ed all'ananas; in bocca è sapido ed aspro ma, al contempo, sufficientemente morbido. Della sua varietà, è quello che più apprezziamo.
A.A. DOC Sauvignon blanc "Stern" 2012 Erste + Neue (Caldaro) è il Sauvignon che incontra il gusto di entrambi. Di colore paglierino poco carico, al naso profuma di uva spina ed erba mentre, in bocca, si aggiungono aromi di agrumi e fiori d'arancio; è caldo, abbastanza sapido e pure discretamente acido, di corpo medio.
A.A. DOC Sauvignon blanc "Mantele" 2012 Nals Margreid proviene dall'omonimo vitigno; ha profumi di mela ed uva spina, con sentori erbacei e floreali; al palato è piuttosto minerale, acido e comunque morbido.
A.A. DOC Sauvignon blanc "Tannenberg" 2011 Manincor (Caldaro) di colore paglierino-dorato scarico ma brillante, odora di sambuco e di agrumi, con note vegetali e minerali; è morbido, delicatamente acido e, soprattutto, sapido.  
A.A. DOC Gewurztraminer "Flora" 2011 Girlan (Cornaiano/Girlan), uno dei preferiti della giornata, è ottenuto da uve provenienti da Cornaiano e da Cortaccia. Di colore paglierino-dorato, ha un intenso profumo floreale con note di agrumi (limone), di bergamotto e di spezie. In bocca si mostra pieno, caldo e morbido, dal sapore leggermente dolce, abbastanza fresco, con prevalente sensazione sapida.


A.A. DOC Gewurztraminer "Nussbaumer" 2011 Cantina Tramin (Termeno), da uva coltivata presso l'omonimo maso, ha colore paglierino-dorato carico e abbastanza luminoso, ha profumi di ananas e litci e note floreali.
A.A. DOC S. Maddalena 2012 Tenuta Waldgries (Bolzano) di un colore rubino leggero e brillante; ci sentiamo odori di frutti di bosco, di mosto e di fiori; ha corpo medio; leggermente tannico e sapido.