giovedì 10 aprile 2014

Il Caprificio ed il Vignaiolo.

Stasera ci godiamo il bottino conquistato a nord di Trento, dal Vignaiolo Fanti ed da Il Caprificio di Onorato Matteo.
Il Vignaiolo (Alessandro) Fanti ha una piccola ma rinomata cantina a Pressano (produce circa 16.000 bottiglie all'anno). La struttura è proprio nel centro del paese, nascosta dietro ad un antico arco con i suoi scorci idilliaci e quasi bucolici.
Lui è una persona davvero gradevole, di carattere umile e palesemente appassionata per il suo lavoro.
Nel presentarci le sue bottiglie, ci offre anche qualche interessante prospettiva sul mondo viti-vinicolo trentino: noi anime belle non sospettavamo, ad esempio, che i vignaioli locali trovassero così tanta difficoltà a far conoscere ai potenziali acquirenti, privati e ristoratori, il loro (notevole) livello qualitativo.
L'immagine diffusa del Trentino vinicolo - scopriamo infatti - non è quella delle "eccellenze di montagna" (che pure ci sembra rimbombare ovunque nel marketing ufficiale) ma è, piuttosto, quella della "terra di nessuno" dei vini a basso costo! Questo rispecchiano i supermercati, e questo pensa il pubblico, anche trentino!


Tornando all'azienda: questa comprende circa 4 ha di vigneti, per la gran parte collocati sopra l'abitato di Pressano, sui suoi pendii di roccia arenaria coperta da terra rossa argillosa mista a calcare.
Alcune ulteriori parcelle si trovano a Vigo Meano e sono caratterizzate da un terreno più porfirico ed argilloso, dal quale proviene il pregiato vino "Isidor".
La loro conduzione è biologica certificata, con alcune pratiche prese in prestito dalla biodinamica.
Tutti i tralci delle viti, va detto peraltro, vengono ripiegati da Alessandro ad uno ad uno per evitare le cimature e salvaguardare, così, la vitalità delle piante.
Ultima nota: la solforosa (di cui ormai si parla spessissimo) è esclusa dal processo produttivo, se non in piccole quantità appena prima dell'imbottigliamento.


La bottiglia che stappiamo stasera a cena è il suo Manzoni bianco 2011.
Per dire qualcosa sulla produzione: il mosto è stato macerato sulle bucce per circa 12 ore, poi vinificato e fatto maturare in acciaio, con un lunghissimo affinamento (di almeno 10 mesi) sulle fecce dei lieviti, fatte ossidare separatamente e poi reimmesse nei tini dall'alto, tenendole continuamente in sospensione.
Il vino si presenta con un colore paglierino poco intenso ma luminoso.
Ha profumi nettamente minerari e di frutta secca, amalgamati a note di burro, di vaniglia e curcuma, con sentori agrumati che emergono solo in bocca.
Il corpo è medio, ed entra abbastanza morbido e leggermente caldo, assieme però ad una netta tensione data dall'elevata acidità e dalla sapidità. Ne risulta un bell'equilibrio, per una bevuta piena, appagante e persistente, che invoglia continuamente un altro sorso.


Il secondo produttore della serata è il Caprificio di Onorato Matteo, piccola impresa agricola di Segonzano, in Val di Cembra, dedita all'allevamento di capre e galline ed alla vendita dei loro prodotti: uova, insaccati, latte, latticini e formaggio.
Il titolare, Matteo, è una persona gentile, sorridente, limpida e molto ospitale (insomma: pure lui ci ha fatto una bellissima impressione) ma soprattutto produce del buon cacio, con esperienza e passione.
Lui, d'altronde, non ha rilevato dalla famiglia un'attività già avviata ma, passo dopo passo, ha costruito la sua professionalità e la sua azienda partendo da zero: nel senso che, dopo gli studi all'Istituto Agrario di San Michele (ora Fondazione Mach), nel 2006 ha - letteralmente - fabbricato la sua stalla, la casera e tutti gli altri edifici aziendali.
Ora come ora, ha circa 50 capre da latte, alcune di razza Saanen (che garantiscono più quantità di latte ma di minore resa casearia), altre Camosciate delle Alpi (che danno minor latte, però più ricco di caseina), altre infine frutto di un incrocio fra le razze precedenti, con lo scopo di ottimizzare produttività e rendimento.
Gli animali sono nutriti con fieno ed altri concentrati e vivono un po' nelle ampie stalle ed un po' nel cortile a cielo aperto. L'obiettivo di Matteo sarebbe però quello di ricavare un'area al pascolo sufficientemente ampia da poterle lasciare tutte libere per l'intero giorno.
In ogni caso, sono le capre più affettuose e serene che abbiamo mai incontrato...



La loro mungitura avviene due volte al dì e la lavorazione ogni due giorni, impiegando il latte di quattro munte.
Tra gli svariati prodotti che Matteo ne ricava, noi ci portiamo a casa una caciotta fresca ed un cacio più stagionato, entrambi ovviamente a latte caprino.

La caciotta fresca è ottenuta da latte intero, riscaldato prima a 20°C (per l'aggiunta di fermenti selezionati) e poi a 36°C; a quel punto viene immesso il caglio vaccino liquido che agisce già in 15 minuti.
La cagliata è rotta con la lira a pezzi relativamente grossi e, successivamente, riscaldata a 40°C.
Seguono l'estrazione, la messa in forma (in cestelli di plastica) la breve maturazione nella cella frigorifera, con circa 6°C di temperatura ed il 90% umidità.
Non viene effettuata alcuna pulizia durante la sosta in cella; solo a maturazione ultimata le montagne di muffa verranno tolte.
Il formaggio ha forma ovoidale, con crosta color paglierino scarico, elastica e sottile.
La pasta ha colore avorio con diffuse occhiature microscopiche e rade occhiature medio-grandi di forma irregolare. La struttura è umida, tenera, deformabile e abbastanza elastica.
I profumi sono abbastanza tenui ma puliti, per lo più di latte fresco e di latte acido al naso, mentre la nota animale affiora più che altro in bocca in modo discreto. I sapori sono in grande equilibrio tra dolcezza, acidità e sapidità medio-basse. E' infine leggermente adesivo e discretamente solubile.


Il formaggio di media stagionatura (circa 4 mesi) ha una preparazione del tutto analoga al precedente, tranne che per la rottura della cagliata, effettuata con lo spino ed in frammenti più piccoli.
La sua forma è cilindrica e più grande della precedente (saranno 20 cm di diametro e 7 di altezza), con la faccia superiore convessa in modo irregolare.
La crosta si presenta di colore irregolare: ocra di fondo e un sacco di muffe bianche, verdi e rosse sopra. E' rigida, rugosa e cosparsa di piccole protuberanze regolari derivanti dalla formatura nel cestello forato. Presenta alcune lunghe fratture, dalle quali tuttavia - fortunatamente - la muffa non è penetrata all'interno.
Le fratture discendono verticalmente, in profondità, attraverso la pasta, che è invece priva di occhiature. Il suo colore è avorio, ha uno spesso sottocrosta paglierino ed è dura, rigida e compatta.
Di odore intenso, rimanda all'animale di capra, al fieno ed alla frutta secca, con nette note tostate e quasi di dado e sentori lievi di muffa. Non è comunque aggressivo o sgraziato ma, anzi, piacevolmente intrigante.
Il sapore invece è dolce, leggermente acido e soprattutto molto (troppo) sapido, dal finale lievemente amaro. La struttura è secca, un po' adesiva e poco solubile (meno di quanto ci saremmo aspettati).
Peccato per la sapidità eccessiva, che toglie equilibrio ed armonia gusto-olfattiva, sovrastando su tutto il resto.

L'abbinamento con l'Incrocio Manzoni riesce bene con la caciotta fresca, dato che il palato, ricoperto dalla leggera patina lasciata dal formaggio, riceve dal vino una buona ripulita. Al contempo il cacio, nonostante la sua freschezza e delicatezza, non viene completamente oscurato dal vino ma continua con lui in modo abbastanza armonico.

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