venerdì 6 giugno 2014

Il sorprendente Riesling Pelz con i suoi vassalli Caciocavallo lucano e Bettelmatt.

Sinceramente, quando - poche settimane fa - abbiamo fatto visita alla cantina Pelz, più che dei loro vini eravamo curiosi di vedere qualuno dei famosi vigneti terrazzati della Val di Cembra... E stata quindi solo una fortunosa coincidenza a farci scoprire uno dei migliori Riesling mai assaggiati in tutto il Trentino-Alto Adige!


La società agricola Fratelli Pelz, tanto per cominciare, ha sede nell'abitato di Cembra (TN), e coltiva all'incirca 16 ha di vigneti sparsi sul versante della valle esposto a sud-est, tra i 400 ed i 650 metri s.l.m.
Per lungo tempo i vini sono stati commercializzati con la denominazione PelzPiffer, poi, da alcuni anni, l'enologo Vito Piffer è passato alla cantina Endrizzi e l'attività è rimasta in mano in mano ai tre fratelli Pelz: Diego, Michele e Franco.
L'allevamento delle viti è quasi ovunque a guyot, con i filari sistemati a "ritocchino" (cioè orientati da monte a valle, in salita), mentre la vendemmia è per metà meccanizzata e per l'altra metà manuale (in base alle pendenze del suolo, che possono superare il 45%).
Sono diverse la varietà coltivate: in limitata quantità paolina (circa 400 bottiglie) e pinot nero (circa 800 bottiglie, peraltro l'unico vinificato in legno e, precisamente, in barrique verticale), maggiormente invece kerner, müller thurgau e, per l'appunto, riesling renano, di soprendente impronta tedesca, sottile ed idrocarburico.






Oggi apriamo il Trentino DOC Riesling "Clessidra" 2004, etichettato PelzPiffer, da uve coltivate in località Fontana, a 450 m. s.l.m., su terreni di sabbie, ghiaie e limi di natura porfirica. L'allevamento è a guyot, con alta densità di impianto (8.300 viti/ha), vinificato in acciaio.
Ha un titolo alcolometrico del 13,5%.
Si presenta con un colore paglierino-dorato, luminoso.
Al naso si fa attendere per circa un'oretta, ma l'attesa vale la pena: viene fuori con un'intrigante tavolozza aromatica, di media intensità ma abbastanza fine, dove gli odori sassosi, di pietra focaia, idrocarburici (pneumatico) si fondono con note agrumate, di erbe aromatiche, di pesche mature, di frutta secca e persino di albicocche essiccate (l'Altra ci mette pure dello zabaione, massì ué ué).
Anche in bocca non spicca per intensità e forza ma, piuttosto, per finezza. Ha una struttura medio-leggera, discretamente morbido ma teso da una vena acida ed agrumata sottile e profonda e da una vivace sapidità. Ha una buona persistenza e si fa sgargarozzare con grandissima facilità (e infatti la bottiglia sparisce).


Peccato, però, che non abbia forza sufficiente per reggere i due intensi formaggi a cui è abbinato, che finiscono - entrambi - per coprire un po' troppo il vino.

Stiamo parlando, innanzitutto, del Caciocavallo lucano prodotto dal caseificio Fattorie Lucane (Ruoti, PZ) e gentilmente offerto da Mr. Gianpiero.
E' una pasta filata a pasta dura, ottenuta da latte è vaccino provieniente dall'altopiano lucano.
Il pezzo sembra preso da una forma ellittica, oppure a pera, non si capisce.
La crosta è di color paglierino con alcune muffe, semidura ed elastica, mentre la pasta è paglierina scarica e priva di occhiature, secca e semidura.
Profuma un sacco di verdura lessa (cavolfiori), assieme al burro cotto, a note di dado, di pelle e - in bocca - a sentori di fieno.
Al palato è dotato di dolcezza media, che sarebbe ben equilibrata dalla media sapidità se quest'ultima non fosse accentuata dalle nette sensazioni piccanti e brucianti, anche un po' eccessive (tanto più che gli aromi rimanderebbero a cibi a tendenza dolce).
Di struttura è semiduro, poco solubile, secco ed abbastanza deformabile. Ha una persistenza media.


L'altro cacio - per il quale ringraziamo Mr. Alessandro - proviene dalle Valli di Antigorio e di Formazza, estremità settentrionale della Valle Ossola Superiore.
Siamo nella Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, nel Nord del Piemonte (ed ormai quasi in Svizzera), e parliamo del Bettelmatt della Latteria Sociale Antigoriana (cooperativa di produttori dell'omonima vallata, con sede a Crodo).
E' ricavato da latte vaccino crudo ed intero, munto in alpeggio nei mesi estivi.
Si ottiene mediante l'aggiunta di caglio di vitello liquido, con una coagulazione a 36-40°C per circa 30'; la cagliata è rotta in chicchi di mais e poi cotta, raccolta in panni e messa nelle forme, dove è sottoposta a pressatura per 12 ore e infine salata a secco o in salamoia. La stagionatura può variare da 60 giorni a diversi anni.
La nostra fetta proviene da una forma cilindrica con scalzo diritto di circa 6 cm e facce piane dal diametro di circa 30 cm.
La crosta è marrone e con muffe bianche e scure, è spessa, liscia e secca.
Ha un sottoscrosta sottile ed un'occhiatura irregolare di medie dimensioni.
La pasta è liscia, compatta, untuosa, tenera e leggermente elastica.
La ricchezza di odori è notevole, in ordine decrescente si sente la stalla, il cuoio, il vegetale lesso, il tabacco, i funghi secchi, l'erba, aromi, frutta secca tostata, legno e burro cotto.
Al palato inizia con una dolcezza media, seguita da una leggera acidità e da una media sapidità... è però il finale a lasciarci perplessi per la travolgente intensità dell'amaro (medio-elevato) e dell'astringenza, che si uniscono a sentori aromatici di pesce secco e carta che ci fanno pensare ad una conservazione non proprio eccellente... chissà...
Comunque, la struttura è tenera, deformabile, adesiva ma molto molto solubile.
Da riprovare senz'altro.

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