domenica 15 settembre 2013

Bagnolese sì, Bagnolese no?

Altra puntata di "Back from Irpinia". Con il Pecorino Bagnolese del caseificio Maria Nigro (anche denominato "Fabio Nigro" o "fu Salvatore Nigro") di Bagnoli Irpino.
Sulla tipologia di formaggio si è già detto qui. A dirla tutta, non siamo così sicuri che il latte utilizzato provenga dalla razza bagnolese, perché alla titolare non lo abbiamo chiesto esplicitamente - dandolo per scontato - ma dopo, sul Piano Laceno, scambiando due chiacchiere con dei pastori, è venuto candidamente fuori che "ah, ma quell'azienda ha pecore di un'altra razza". Ah però.
In ogni caso, i signori Nigro allevano circa 1000 pecore (sperando almeno che siano pecore, a questo punto... [è una battuta, eh]), il cui latte viene conservato a 4°C, poi riscaldato a 36-37°C ed addizionato con caglio vaccino.
In 30 minuti si forma il coagulo, che viene rotto, estratto e - con una leggera pressatura - immesso nelle fascere di plastica forata; i canestri di vimini sono impiegati infatti solo per le forme particolarmente grandi.
A seguito della salatura a secco, le forme vengono lasciate a maturare in cantine non particolarmente umide a 12°C di temperatura; qui rimarranno per un periodo massimo di 9 mesi, con periodici lavaggi mediante acqua.

Il nostro pezzo avrà circa 3 mesi di stagionatura, oltre a 2 settimane di conservazione in frigo alla bell'e meglio.
Si presenta di forma regolare cilindrica, con la faccia superiore un po' concava.
La crosta è di colore non uniforme: di fondo paglierino scarico e, nelle aree centrali delle facce e dello scalzo, bianca di muffa, con qualche chiazzetta verde. E' inoltre canestrata, dura, elastica e secca.
L'occhiatura è uniforme e diffusissima, di dimensioni tendenzialmente piccole e medie e forma irregolare.
E' anche presente un sottile-medio sottoscrosta.
La pasta non ha un aspetto favoloso, essendo così chiazzata da non permettere di capire se il colore di fondo sia l'avorio o il paglierino scarico: non sappiamo se sia un accenno di gessosità, però come quest'ultima si accompagna ad una certa friabilità della pasta ed a note aromatiche acidule.
Per il resto, la struttura al tatto è semidura, secca e leggermente elastica (però con la già citata tendenza a rompersi già dopo una leggera piegatura).
I profumi ed i sapori del cacio non sono particolarmente intensi (tanto più, rispetto al precedente bagnolese assaggiato). Si sente - leggero - l'odore animale tipico del latte di pecora, assieme a profumi di latte acidulo ed erbe fresche e ad un lieve sentore di limone.
Più o meno gli aromi corrispondono, salvo l'intensificarsi del profumo acido (di latte e pure di panna) e dei sentori di limone. Col passare del tempo, i sentori di limone spariranno, tanto inspiegabilmente come sono arrivati.
Le sensazioni sulla lingua sono abbastanza equilibrate, con dolcezza ed acidità su livelli medi e la sapidità medio-elevata, che prevale ma non svetta rispetto al resto. La struttura rimane secca e tendenzialmente friabile, nonché discretamente solubile ed un po' grumosa.

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