giovedì 21 novembre 2013

Merano Wine Festival II - la riscossa.

Tornare al Merano Wine Festival con i nostri portabicchieri da collo è impagabile.
Poi - sì - il secondo anno significa anche maggiore consapevolezza, minor timore, un bagaglio di conoscenze nostre un po' più ricco ecc. Ma noi potremmo anche andarcene a casa dopo soli cinque minuti - passati ad inserire ed estrarre il bicchiere dal portabicchiere - e saremmo comunque contenti.

Con questo spirito, iniziamo subito le danze in questa ricca e sfarzosa manifestazione d'altri tempi, dirigendoci a Culinaria.
L'obiettivo sarebbe quello di piluccare giusto qualcosina, per preparare lo stomaco alle successive bevute. Invece sbrachiamo subito, perdendo ogni remora allo stand dei salumi marchigiani "Bacalini" (marchio della s.r.l. Orma Group di Grottazzolina, prov. di Ascoli Piceno). E' che tra tacchini in porchetta, coppe di testa, polli alle castagne e, soprattutto, galantine di pollo, ci sarebbero argomenti per passar lì l'intera mattina...
Alla fine riusciamo a staccarci - io sono già quasi pieno - e, proseguendo un po' più spediti e contegnosi, scopriamo anche diversi produttori interessanti (nessuno però con rivenditori a Trento).


 Tra questi, una menzione particolare merita Armonie Italiane s.r.l. (di Corato, Bari). I suoi prodotti da forno a marchio "Agricola del Sole" - dai tarallini di semola all'olio, alle "chianchette" di semola al finocchietto, per finire coi "vinelli" di semola al vino Nero di Troia - sono infatti uno più gustoso dell'altro.
Ovviamente, è d'obbligo pure una "spalmatina" di crema al tartufo bianco dell'abruzzese S.Z. Tartufi (di Atessa, Chieti) che al barattolo, peraltro, costa molto meno di quanto pensassi...
Neppure manca dal tour qualche (piccolo) bicchiere di birra. Riassaporiamo con grande piacer, in particolare, la bitter Meridiano 0 e la blonde ale belga Gassa d'amante del Birrificio del Forte (ossia Dueffe s.r.l.) di Pietrasanta (LU), conosciuto solo recentemente a Cheese assieme al Birrificio Pasturana.


La più gioiosa sorpresa, però, la facciamo allo stand del Consorzio Diversi Vignaioli Irpini, dove siede proprio Antoine Gaita, vecchia conoscenza delle nostre vacanze estive che per noi è assurto, ormai, ad una dimensione mitica.
Lui, a dire il vero, non si capisce bene se si ricordi o no di noi due... ma fa lo stesso, perché almeno ci dà un assaggio del suo Fiano Vigna della Congregazione 2011 Villa Diamante (di Montefredane AV), buonissimo nonostante la relativa giovinezza.
Il suo colore è paglierino, di media intensità, ed è già notevole la ricchezza di profumi: la caratteristica mineralità è infatti accompagnata da variegati odori di frutta secca, ananas, erbe ed aromi.
Al palato è di corpo discreto, molto sapido, con acidità sottile e taglientee ed un leggero finale amaro. Anche la persistenza è notevole.

Conclusa la fase di riscaldamento, passiamo direttamente al settore internazionale della Czerny Saal.
Dall'Alsazia, il nostro produttore preferito - anche se non ce ne sono poi molti... - si conferma essere lo Château D'Orschwihr (di Orschwihr appunto).
Il suo Alsace Riesling Enchenberg Vieux Thann 2007, 12% alc. vol., ha un colore dorato brillante e profumi che richiamano gli idrocarburi, la frutta secca e gli agrumi; il corpo è medio, abbastanza morbido, di sapore sottilmente aspro, con una buona sapidità ed un finale amarognolo.


Non male neppure i vini della Mosella. Il Riesling Beerenauslese Cochemer Nikolausberg Edelsuss 2010 della Moselweingut Ring (di Cochem) - sorprendente per noi italiani - ha una gradazione alcolica di appena 7,5% alc. vol., nonostante il notevolissimo tenore zuccherino di 144,6 g/l. Si presenta dorato, con un intreccio di note di zolfo e zafferano; è dolce e denso e, ciò nonostante, si fa bere con facilità grazie ad un'acidità netta ma non aggressiva.

A Quella lì piace anche parecchio - al di là del ragazzo della Loewel - il Bourgogne Pinot Noir 2011 Domaine des Perdrix (tenuta della Cote de Nuits appartenente ai Domaines Devillard). Il vino è rosso rubino e profuma di sciroppo di ciliege e mirtillo, con sentori di erbe aromatiche e pepe; al palato mostra un corpo medio, leggermente acido e molto più tannico rispetto al Pinot che ci aspetteremmo.
Dopo una breve pausa rigenerante - è che non siamo riusciti a sputare granché finora - entriamo sommessamente nella sala proibita dell'Union des Grands Crus de Bordeaux.
Il taglio bordolese non è - in realtà - il nostro stile preferito, ma lì beviamo bene, incredibilmente bene... e tra un godimento e l'altro ci appuntiamo anche qualche vino di carattere.


Haut-Médoc 2007 Château La Lagune (Ludon-Médoc) è un taglio di 60% cabernet sauvignon, 30% merlot e 10% petit verdot. Ha colore granato-purpureo. Profuma di frutti di bosco e spezie (soprattutto chiodi di garofano), con variegati sentori affumicati di legno e cuoio, poi cioccolato, karkadè e qualcosa che ci ricorda (in positivo!) il bidoncino dell'organico... In bocca avvertiamo un corpo medio ed una leggera prevalenza del tannino, sostenuto da una discreta acidità ed in parte equilibrato dal calore alcolico (quasi bruciante) e una leggera morbidezza.

Margaux 2010 Château Brane-Cantenac (Cantenac) è un taglio di 62% cabernet sauvignon, 30% merlot e 8% cabernet franc. Di colore granato non così intenso, ci avvertiamo dentro i piccoli frutti rossi maturi, le erbe aromatiche, le spezie (vaniglia), con note balsamiche, affumicate e di "organico". Ha una buona struttura, una discreta acidità ma soprattutto una nettissima astringenza (dissimulata dalla densità), che ci lascia la lingua secca come dopo aver morso un frutto acerbo.

Margaux 2006 Château Giscours (Labarde) è un taglio di 60% cabernet sauvignon e 40% merlot. Ha colore granato di intensità medio-bassa. I profumi tendono ai frutti rossi maturi ed alla prugna, con note di tè, di erbe di montagna e spezie. Ha una struttura media, molto "carnosa" e "polposa", una buona freschezza ed un tannino fine e posato: ne risulta un vino equilibrato, raffinato e di gran bevibilità.

Saint-Julien 2007 Château Talbot (Saint-Julien-Beychevelle) ha un colore tra il purpureo con riflessi granati, quasi sanguigno, di media intensità, luminoso. Odora di piccoli frutti rossi con intriganti note di amarena, cuoio, tabacco, legno e vaniglia. Al palato si rivela caldo, non troppo morbido, astringente ed abbastanza acido.

Pessac-Léognan 2011 Domaine de Chevalier (Léognan) è un bianco entusiasmante da varietà sauvignon blanc e semillon. Ha profumi minerali e solforosi, di uovo e cavolfiore bollito, con più tenui sentori agrumati, floreali e fruttati (forse pera). E' morbido ed abbastanza caldo, ma ravvivato dall'acidità, e si chiude con un sapore amarognolo e richiami di frutta secca tipo mandorle. 

La giornata è ormai conclusa e così, rinfoderati i preziosi portabicchieri, possiamo cominciare ad aspettare il prossimo anno.

giovedì 14 novembre 2013

Bevi primierotto!

Chiariamo subito che Bionoc di Mezzano, per noi, è senz'altro il più promettente birrificio trentino. Ha una produzione ancora limitata (1.500 litri all'anno, se ho capito bene) e commercializza per ora soltanto due birre; però emana passione (condita con un po' di egocentrismo) e, soprattutto, sforna prodotti di buona fattura, con un discreto carattere e che si fanno bere ch'è un piacere.
Per le sue birre, impiega un'acqua mediamente dura (18°f), proveniente da una sorgente di Mezzano.
Conduce le fermentazioni ad alta temperatura, tra 18,5-22°C per circa 7 gg, raffreddando successivamente i mosti a 2,8-3,2°C. I prodotti vengono poi fatti maturare all'interno degli stessi fermentatori (si fa quel che si può) per circa 10 giorni.
Tutte le birre, infine, sono rifermentate in bottiglia, aggiungendo però solo dello zucchero e lasciando operare fino allo sfinimento i lieviti residui della prima fermentazione.

Stasera, per una cena a zuppa di ceci e carne di pollo, proviamo a stappare l'Alta Vienna, birra - dal nome eloquente - ispirata allo stile Vienna ma ottenuta con l'alta fermentazione.
Il malto utilizzato - altra peculiarità stilistica - è esclusivamente il vienna, senza "tagli" con ulteriori malti base. Il luppolo impiegato è invece l'Hallertau, in modeste quantità, mentre il lievito ale è belga.
La densità iniziale corrisponde a 13,5°P (circa 1,055 OG), ben sfruttata visto che il grado alcolico finale raggiunge i 5,8°ABV.
Resta peraltro almeno un mese a maturare-rifermentare in bottiglia prima della commercializzazione.

Per la cronaca, quando alcuni mesi fa l'avevamo provata presso il birrificio, spillata dal fermentatore-maturatore, la birra si presentava di colore ambrato torbido, con profumi di cereali, di malto leggermente caramellato e leggeri note erbacee. In bocca era tendenzialmente dolce ma complessivamente bilanciata, con una discreta freschezza ed un'amarezza leggera (21 IBU), mentre il corpo è medio-leggero ma cremoso.
L'impressione era quella di una birra ben fatta, espressiva e pulita.

Ribevuta adesso in bottiglia, tutto sommato il nostro apprezzamento non cambia.
La troviamo di un colore ambrato-aranciato piuttosto velato, con una schiuma fine ed abbondante non particolarmente persistente.
Al naso domina l'odore di malto caramellato, accompagnato dalle note erbacee dei luppoli, dalla tipica speziatura del lievito belga e da vaghi sentori di caramella mou e gomma.
Di corpo medio-leggero, ha un'effervescenza poco spinta e risulta abbastanza equilibrata tra la dolcezza, la lieve acidità e l'amarezza finale (di media persistenza): al palato, in definitiva, tutte le sensazioni sono però piuttosto deboli, un po' troppo rispetto alle aspettative stimolate dagli odori.
Detto ciò, si tratta comunque di una birra piacevole, pulita e di grande bevibilità.

venerdì 8 novembre 2013

Tigli e soldi.

Per una volta, messa da parte "Osterie d'Italia", ci affidiamo alla guida "EurHop!" per la scelta di un ristorante: siamo troppo curiosi, infatti, di provare uno dei locali birrari consigliati dal mitico Kuaska (che ne cura la sezione dedicata all'Italia).
Finiamo così alla pizzeria "I Tigli" di San Bonifacio (VR).

Appena entrati, in realtà, ci rendiamo conto di non essere in un classico ristoro birrario (di quelli che piacciono a noi, per intenderci: semplici, vecchiotti, colmi di birre e trasudanti passione).
Lo schema estetico è più tipico, invece, dei locali per odierni gourmet: pareti bianche, arredo bianco, grande cura nelle geometrie e nei colori della piccola oggettistica, pane a pasta madre in mostra, grandi vetrate sul verde, grandi vetrate sulla cucina (colma di ragazzi sorridenti).
Il che non è un male - anzi, è proprio l'estetica che piace a Quell'altra - però fa sempre drizzare le antenne: per la nostra scarsa esperienza, difatti, sappiamo che queste ostentazioni di qualità si traducono sempre in un certo prezzo, non sempre in una corrispondente offerta.
E così...

...Non c'è che dire, le pizze sono senz'altro buone, soprattutto per via della pasta ottenuta dal lievito madre, che è alta, ben lievitata, soffice ed elastica (anche se così somiglia più ad una focaccia). Pure gli ingredienti sono per la gran parte di livello superiore alla media: una spanna su tutto, secondo me, ce l'hanno il pomodoro e le olive taggiasche.
Però, insomma, la pizza in quanto pizza non raggiunge poi queste grandi vette: è come se il cibo per gourmet (anzi, l'ingrediente per gourmet) avesse preso il sopravvento sul piatto tradizionale "pizza"; come se dietro il piatto ci fosse uno chef ma mancasse un esperto pizzaiolo.
Probabilmente è normale che sia così, quando si tratta di rivisitazioni di alto livello dei piatti tradizionali. A noi però non convince appieno.
Ancor meno ci convince in rapporto al prezzo, ché 20,00 euro per una pizza alla bufala (e non era nemmeno nella fascia di prezzo più alta!) sono oggettivamente troppi.
Troppi, sia perché si tratta pur sempre di pizza (e non di portate complesse ed elaborate), sia perché - pizza o non pizza - il piatto che ci propongono non giustifica in concreto quella spesa, nemmeno per la mozzarella di bufala, la quale - non sappiamo se per qualità intrinseca, problemi di trasporto o modalità di cottura - risulta alla fine mediocre, di sapore evanescente e consistenza provolesca (con l'origano sopra, somiglia ad una tosela trentina!).

Quanto alle birre - premesso che la scelta non è poi granché ampia - proviamo La Bianca di Matthias Muller (prodotta ad Hauzenberg in Baviera).
E' una birra di frumento e farro maltati, con 4,6% ABV. Il colore è aranciato, mentre la schiuma è ricchissima e di media persistenza. Ha profumi molto carichi, di cereali, agrumi, spezie e lievito (manca invece la tipica banana); in bocca è di corpo medio-leggero, beverina, sì, ma secondo noi pure un po' sfuggente per aromi e sapori.

Passiamo poi alla Tipopils del Birrificio Italiano (Limido Comasco, CO), 5,2% ABV, ottenuta da malti pilsener e caramunich e luppoli tedeschi, aggiunti anche in dry hopping. Ci accoglie dorata, luminosa, con una schiuma ricca e fine ma non molto persistente. I profumi sono semplici ma precisi ed essenziali: in primo piano l'erbaceo, in secondo il malto, i fiori ed il miele; in bocca è snella, fresca e beverina, con un finale nettamente amaro-erbaceo.