martedì 12 aprile 2011

Vinitaly '11 (parte 2)

...Il Ristorante della Regione Toscana, organizzato da vari comuni locali, vale ben più di 25,00 euro d'ingresso, tra:
- antipasto: incredibili formaggi a latte crudo, perlopiù pecorini, accompagnati da una confettura dolce di cipolla di Treschietto;
- primo: tortelli maremmani al ripieno di ricotta ed erbe, conditi al sugo di Mucco Pisano;
- secondo: grigliata di Cinta Senese (razza suina così chiamata dalla striscia bianca che "cinge" il torace del puerco) e di verdure (sottolio?);
- pasticceria: un panettone liquoroso (toscano?) ed un panforte particolarmente morbido;
- vino: mescita costante - al punto da costringerci a versare il vino rimasto in qualunque recipiente a portata di mano, pur di liberare il bicchiere al passaggio del cameriere ed evitare di perdersi il vino successivo - alla fine erano due, ma come potevamo saperlo?) -, prima, di fresco e sapido Parrina Bianco DOC (2009) de La Parrina di Orbetello (GR) e, poi, Chianti Classico DOCG Vignole della Tenuta di Vignole da Panzano in Chianti (FI);
- pani: pane toscano tradizionale, oltre ai Biscotti di Roccalbegna (da Grosseto), ossia  particolari biscotti salati all'anice, duri e friabili, ed al Pane Marocco di Montignoso (da Massa Carrara), ottenuto con farina di mais e farina di gran tenero.

Tornando agli assaggi, il padiglione toscano ci offre un discreto vino che, dato il suo normale prezzo, difficilmente avremo modo di recuperare in futuro (salvo furti), ovverosia il Toscana IGT Camartina (2007) della Querciabella da Greve in Chianti (FI), prodotto con standard biodinamici da uve 70% cabernet sauvignon e 30% sangiovese. La Pirla ha le gambe molli, io però non ho pietà e tiro avanti.

Infine, ci si appropinqua alle origini, cioè alla cantina Donna Clara di Licusati di Camerota (SA), per portare a casa almeno un minimo assaggio dei tre principali bianchi campani. Così, dietro la saggezza del vecchio standista, assaporiamo prima "la donna perfetta, che è la donna quarantenne", in forma di Cilento Fiano DOP Pante, poi la "donna diciottenne", che si presenta come Campania Greco IGT Terre 15, per concludere con la "donna quindicenne" (la preferita dello standista), il cui odore, in effetti, è intenso come uno schiaffo, ossia il Campania Falanghina IGT Caracea.

Ci mancherebbero ancora l'intera Campania e la Sicilia ma, stravolti, alle 17.30 ripieghiamo verso casa. Giusto in tempo per salire sullo stesso bus-navetta di un gruppetto di ultrà che, in quell'ambiente rilassante da carico di bestiame, scandisce cori da curva, si dimena, suda, a mezzo metro da noi. Il treno ritarda la partenza di 30 minuti per attendere l'ambulanza. Spero che sia uno di quei dementi.

Vinitaly '11 (parte 1)

Il caldo pesante, la ressa da suk, la babele di stand incastrati, disordinati (rispettate le mappe!), assediati, la drammatica mancanza di seggiole, risciò o qualunque altro oggetto su cui posare il culo: questi sono gli ingredienti del nostro primo, massacrante Vinitaly.
Cominciamo da Agrifood, fiera all'interno della fiera dedicata all'agroalimentare. Pilucchiamo qua e là e, tra una fetta di salume, un cucchiaio di miele ed un'oliva-senza-qualcosa (sodio?), in particolare, scopriamo la sperimentazione culinaria "Insolito panettone" della Dolciaria Loison di Costabissara (VI), da tenere d'occhio, così come appuntiamo l'ottimo mieleaceto dell'apicoltura Gianni Castellari da Montebaranzone (MO).
Gustose anche le birre artigianali (non pastorizzate né filtrate), soprattutto l'aromatica Cotta 21 Bionda dei Mastri Birrai Umbri di Giano dell'Umbria (PG), ricavata da orzo e farro ad alta fermentazione, e la doppio malto ambrata ed amarognola M'anis 7.3 (lager bock), dell'omonimo birrificio di Montebelluna (TV), nonché, da menzionare per la particolarità, l'Ambra Rossa di Treviso, birra d'orzo aromatizzata al Radicchio rosso trevigiano, prodotta da San Gabriel di Ponte di Piave (TV).


Messe due molliche nello stomaco, ci gettiamo allo sbaraglio nel padiglione Veneto a caccia di Prosecchi ma, privi di riferimenti, rimbalziamo tra le vetrine di stand grandi e lussuosi, azzardandoci ad entrare solo alla cantina Mionetto di Valdobbiadene (TV), dove un intrattenitore troppo snob, in un ambiente troppo chic, ci sottopone lo spumante extra dry Sergio - niente di speciale - e lo spumante dry Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Cartizze - migliore, ma sempre un vino alla buona -.

In cerca di maggior fortuna, passiamo al padiglione piemontese dove, grazie ai sudati schemini della Wine-girl, sappiamo già su chi puntare. Ovviamente, riusciamo a visitare soltanto un'infima percentuale delle cantine in programma, ma tanto basta per approcciare due validissime qualità di uva: il famoso nebbiolo e l'ignota erbaluce.
- Ciek di Agliè (TO) è una cantina localizzata nel Nord Piemonte, zona di coltivazione della bacca bianca erbaluce; affrontare la scontrosità dello standista vale a fronte di un fresco Erbaluce di Caluso DOC Misobolo (2009), un po' meno per l'asperrimo Erbaluce di Caluso Spumante DOC Calliope Brut (Mill. 2009);
- l'espositore della cantina Ferrando di Ivrea (TO), anch'essa del Nord, è di tutt'altra pasta, e forse anche la sua simpatia contribuisce a farci apprezzare enormemente le sue proposte, dall'Erbaluce di Caluso DOC Cariola (2009), intenso ed equilibrato, all'Erbaluce di Caluso DOC La Torrazza (2009), pur un po' più banale, per finire con l'Erbaluce di Caluso Spumante DOC La Torrazza Brut (Mill. 2009), un ottimo aperitivo da riprovare;

- giungiamo finalmente nelle Langhe (colline) del Barolo, dove l'altezzoso standista della cantina G.D. Vajra, ancora di Barolo (CN) ci propina, in una sfilza di autocelebrazioni e lusinghe, un Barolo DOCG Albe (2006), troppo pastoso e pesante, ed un Langhe DOC Nebbiolo (2009) che già non ricordo più;
- invece, il top del Piemonte è senza dubbio Brovia di Castiglione Falletto (CN), i cui Barolo DOCG Ca' Mia (2006) e Barolo DOCG Villero (2007) sono incredibili per ricchezza ed intensità, e verranno ricordati come i migliori assaggi del Vinitaly;
- di alta qualità, infine, l'affermata (solo io non la conoscevo?) Fontanafredda di Serralunga d'Alba, il cui gorilla viene superato solo grazie alle nostre altolocate raccomandazioni ed al mitico Enzo, che ci riserva un tavolino e tre ottimi vini, ovvero, il bianco avvolgente Roero Arneis DOCG Pradalupo 2010 ed i rossi di corpo Barbera d'Alba DOC Superiore Papagena 2007 e Barolo Vigna La Rosa DOCG 2006, in compagnia di gustosi salsicciotti crudi (potrebbe essere la cd. Salsiccia di Bra, prodotto tipico piemontese ottenuto dall'unione di carne di vitello e grasso di maiale) e ricotta aromatizzata alle erbe.


Usciamo, la fatica ed il sole cominciano a farsi sentire... si notano di nuovo delle persone sedute presso un cartello "fermata bus" e ci si chiede se quel cartello sia credibile, là, in mezzo alla fiera ed alla bolgia... ecco forse una nuova fortezza bastiani... forse è ora di mangiare.

POSTILLA 13.2.2012: uno dei lati negativi dell'esperienza sta nel sentimento di disprezzo che questa provoca verso se stessi ogni qual volta, col senno di poi, ci si guarda indietro. Stavolta, degno di biasimo è il frettoloso ed ignorante giudizio sputato un anno fa su Vajra: e dire che sarebbe bastato capirne poco in più, di vino; e dire che sarebbe bastato avvicinarsi, anche di sfuggita, alle persone che ci sono dietro.